In riva al mare

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In riva al mare
E5 : S1

Il mare ha un mix inebriante di movimento e suono, specialmente quando si cammina da soli lungo la battigia. Non ci si è proprio dentro, ma lo si può vedere, inspirare, percepire, odorare, toccare. Tutti i sensi si attivano contemporaneamente. Il giovane uomo rifletteva su come il suo subconscio fosse in realtà il primo osservatore, e pensava: in che modo il subconscio percepisce? Possiede il senso dell’olfatto? Il senso del tatto?

Camminava seguendo la donna, tenendo a mente che non era la sua maestra. Le onde, infrangendosi nella baia, erano così rumorose che dovette alzare la voce per farsi sentire. “In che modo il subconscio percepisce la nostra realtà? Prima ha detto che il subconscio nutre i nostri sensi, Se questo è vero, allora deve avere cinque sensi. Ma come?”

“La nostra realtà inizia prima dei cinque sensi. Noi già sappiamo che la nostra realtà consiste di un infinito numero di dati, ciascuno interconnesso, che nell’insieme costituiscono la nostra realtà dell’adesso e del tutto (allness). È essa stessa un mare infinito… ognuno di noi lo ha.”

“Ma nessuno di noi lo sa o lo sperimenta” osservò l’uomo.

“Non lo vogliamo” replicò la donna. “Vivere in questa realtà e sperimentare la nostra totale realtà nello stesso spaziotempo sarebbe troppo. Questo è il motivo per cui abbiamo un subconscio e un Sovereign a fondere gradualmente le realtà in un approccio equilibrato.”

“Che cosa fa, esattamente?”

“Il subconscio?”

“Sì. Che cosa fa e come lo fa?”

“La mia risposta sarà incompleta” affermò con sicurezza. “Il subconscio non percepisce la nostra realtà con i sensi umani della mente semplicemente perché i nostri sensi scolpiscono la realtà in qualcosa che può essere digerito dalla nostra condizione umana (humanness). Noi non sappiamo in quale percentuale percepiamo la nostra realtà, perché se il subconscio avesse modo di trasferire la nostra intera realtà alla mente e al cuore, impazziremmo immediatamente.”

“Come?”

“Per sovraccarico.”

“Qualcuno l’ha mai sperimentato?”

“A mala pena” rispose la donna. “E si perderebbe il proprio equilibrio anche solo a moltiplicare la percentuale di 0,000000000001. Togli poi alcuni zeri e sarai dichiarato pazzo.”

“Ma il subconscio, come percepisce? Quali sono i suoi percettori? Come vede, ascolta, odora… come può dare un senso alla nostra realtà totale e non impazzire lui stesso?”

“Ora ti sei imbattuto nella domanda giusta” disse la donna con un sorriso.

Si chinò a toccare un’onda che si riversava ai loro piedi come un bimbo sfinito. Il suono dei cristalli di sabbia che scricchiolavano nell’aria veniva assorbito dall’onda, ma la sua voce cristallina arrivava comunque alle loro orecchie.

“Il subconscio vive sul confine tra due mondi: la specie incarnata nello spaziotempo e la specie dis-incarnata nota come il Sovereign Integral. In quel luogo, le sue percezioni sono il ponte tra i due mondi. Queste percezioni non sono umane, vale a dire che non sono per i sensi umani. Sono extra-dimensionali. Utilizzano tutti i dati cucendoli insieme nella nostra totalità: la nostra realtà adesso.

“Sono i nostri sensi a riunire i dati che la nostra condizione umana desidera conoscere e che ha la capacità di manifestare. Supponiamo di avere il desiderio di odorare un fiore tropicale ma non abbiamo lo spaziotempo che supporta l’esistenza di quel fiore. Se il desiderio fosse abbastanza intenso, e noi avessimo i mezzi, lo piazzeremmo nel nostro spaziotempo e i nostri sensi lo godrebbero e apprezzerebbero.”

“E se non abbiamo i mezzi?”

“Intendi dire se non abbiamo il senso dell’odorato o le risorse economiche per comprare il fiore?”

“Sì.”

“Vi è una parte di noi che è consapevole che nel tenere quel fiore vicino al naso noi non sperimentiamo la totalità di quel fiore. Perfino il nostro subconscio non la sperimenta. Quella realtà è soltanto per il fiore. È singola nella sua esperienza e singola nella sua espressione. Tuttavia, vi è una parte di essa che è integral al tutto. Quella parte è condivisa con il tutto. Quella parte è il suo contributo. Ma rimane ancora una parte che non è condivisa, che non può esserlo. È il culmine di tutte le cose per quel sovereign: pertanto, la nostra unicità.”

“Così… il subconscio non raccoglie proprio tutto. E, comunque, deve avere i suoi propri sensi” commentò scuotendo un po’ capo.

La donna smise di camminare.

Il giovane seguì il suo esempio e si voltò verso di lei. “La cosa è poco chiara.”

“Certo che lo è” replicò la donna. “Il subconscio è come un ospite elusivo che ti porta dei doni. Entri in casa e sul tavolo trovi un banchetto ad attenderti. Però non hai molto appetito, così guardi tutto quel cibo e pensi ‘prenderò solo un’arancia’. Non perché ti piace solo l’arancia, ma perché non hai appetito e desideri soltanto qualcosa di leggero e rinfrescante. Dalla tua reazione, il tuo ospite potrebbe dedurre che non apprezzi l’offerta del suo banchetto.”

La donna si voltò a guardare il mare. “Capisci?”

“Così, con il passare del tempo, quell’ospite non ti servirà più un banchetto…”

“Precisamente.”

Di colpo l’uomo s’illuminò. “Quindi, il subconscio ci porta più dati quando siamo bambini e, man mano che invecchiamo, il nostro appetito si rivolge a cose più terrene, come la sopravvivenza e conformarsi alle norme sociali. È questo che sta dicendo?”

La donna annuì. “Sì. Ma, alla fine, dobbiamo confrontarci con la realtà incombente della morte, ed è qui che il nostro appetito aumenta.”

“Ma questo solo perché abbiamo paura della morte” osservò l’uomo, “e vogliamo placare la nostra paura con il saper rispondere alle grandi domande come: chi siamo? che cosa succede una volta morti? quale sarà la nostra realtà dopo? Cose come queste…”

“Sì.”

“Io non ho ancora trent’anni e sento di avere un forte appetito. Non ho molta paura della morte, ma voglio queste informazioni. Voglio vedere il quadro più ampio così da avere una comprensione più profonda” osservò.

“Quello che intendo è che l’appetito varia nel corso della nostra vita. Il subconscio osserva e serve i suoi partner nella condizione umana – il corpo, la mente, il cuore e l’ego. Non è un dittatore. Anche il sovereign, il filo di unità, osserva e apprende. Nel nostro appetito è implicita una disponibilità: vivere una vita interconnessa in aggiunta a una vita di separazione. Ripeto, non si tratta di lasciare l’una per l’altra.”

“L’ultima volta che abbiamo parlato” continuò l’uomo, “… o forse la volta prima, al momento non lo ricordo… lei ha detto che l’immaginazione era la chiave. Che cosa c’entra l’immaginazione con tutto questo?”

“L’immaginazione è la capacità di visualizzare il passato e il futuro o le realtà alternative. È un talento della nostra mente. Si auto-genera, ma viene influenzata dalla realtà dello spaziotempo dell’individuo. È la cosa che può accendere l’appetito dell’individuo.”

“Come?”

“Con certe parole, immagini, suoni e la consapevolezza sensoriale, l’immaginazione può più facilmente visualizzare l’interconnessione e, anche, percepirla. L’immaginazione può estendersi in tutte le parti della nostra condizione umana. Può vivere attraversando il tempo, può immergersi nel cuore, può aprire ogni porta, anche quelle nascoste.”

“L’immaginazione e il subconscio operano insieme?” chiese il giovanotto.

“In un certo senso…” replicò la donna.

Continuarono a camminare lungo la riva e giunsero a una scogliera che rendeva impossibile andare oltre, a meno che non si volessero accerchiare le rocce a nuoto.

“Sembra che sia ora di tornare al punto da cui siamo partiti” osservò la donna. L’uomo annuì e voltandosi iniziarono a tornare indietro.

“L’immaginazione è il più aperto di tutti i sensi. È, in un certo modo, il settimo senso. Il senso che visualizza ciò che non è un oggetto sensoriale ma, piuttosto, un concetto astratto, qualcosa che è in attesa di nascere. L’immaginazione può conferire a una tal cosa vita e sostanza.”

“E come opera con il subconscio?”

“Il nostro subconscio osserva sempre il Tutto (Allness) della nostra realtà di spaziotempo. Trasferisce queste osservazioni ai nostri sensi umani, non soltanto ai cinque che conosciamo bene, ma anche al sesto e settimo senso: l’intuizione e l’immaginazione. L’intuizione è del cuore, il nostro centro dei sentimenti; l’immaginazione è della mente, il nostro centro della visualizzazione.

“Come ho detto prima, il subconscio osserva tutto, ma se è il tutto della separazione allora i nostri sensi possono soltanto percepire la separazione, strutturando le nostre credenze esclusivamente sui dati della nostra separazione. È la nostra immaginazione che per prima porta i dati dell’interconnessione ai nostri sensi umani, stimolando il nostro appetito per le parole, le immagini e i suoni che sollecitano il nostro senso di interconnessione.”

“E questo cosa ci dà veramente, se tutti gli altri intorno percepiscono soltanto la separazione?” chiese l’uomo. “Sembra una situazione solitaria.”

La donna si fermò e indicò le pareti rocciose che li circondavano su un lato come una gigantesca coppa.

“Immagina di essere in cima a quella scogliera. Riusciresti a vedere più lontano di me che sono qui in basso sulla spiaggia?”

L’uomo guardò brevemente nelle due direzioni. “Riguardo al mare, sarebbe più o meno uguale, potrei forse vedere un po’ più lontano.”

“E alla terra?”

“Potrei vederne molta più di lei che è in basso, dove la scogliera gliela nasconde.”

La donna annuì. “Chi è più solo? Chi può vedere in tutte le direzioni o chi riesce a vederne solo una?… Tu già conosci la risposta, eppure è un errore comune di coloro che cercano l’interconnessione. Credono, in un modo o nell’altro, di ritrovarsi più isolati e soli, come se avendo capito la vera natura delle cose si venisse evitati da tutti quelli che, intorno a sé, sostengono la separazione.”

“E non è così?”

“Per quale logica ragione si dovrebbe evitare qualcuno che ha una nuova credenza?”

“Però evitano queste conversazioni” rispose l’uomo. “L’ho visto io stesso.”

“Non sono pronti a voltare le spalle alla realtà in cui vivono da quasi tutta la vita. Tutto qui. Non c’è solitudine nel comprendere la nostra interconnessione. Questa è una falsità, ma la maggior parte delle persone crede a questa falsità perché apprende le vie spirituali della separazione.”

“Le vie spirituali della separazione?” ripetè pensieroso l’uomo.

“Sì.”

“La prego di spiegarmi, perché pensavo che la spiritualità fosse credere nell’interconnessione.”

“Se riesci a percepire e visualizzare l’interconnessione tu non sei solo: comprendi, e avendo comprensione hai compassione. La compassione è l’anti-solitudine. È il punto di connessione che alimenta sia il nostro centro dei sentimenti che il nostro centro della visualizzazione.

“La compassione non è una credenza spirituale. È una credenza logica. Non porta un solo articolo della veste della spiritualità, della religione, della scienza e perfino della filosofia. È semplicemente logico che noi siamo interconnessi e abbiamo una coscienza che fa parte di questo Tutto, e che siamo anche unici in ogni senso per l’unicità del nostro viaggio nella dualità di spaziotempo.

“La spiritualità della separazione è dove ci sono livelli di separazione: il superiore, l’inferiore; il santo, il peccatore; il migliore, il peggiore; il morale, l’immorale; il più luminoso, il più tenebroso; l’esperto, l’inesperto. Questi diventano il faro della spiritualità e della religione. Coloro che affermano che la spiritualità è una forma migliorata della religione, se è presente un superiore e un inferiore continuano a seguire la separazione. Capisci?”

“Non sono sicuro” rispose l’altro. “So che lei ha detto questo, se crediamo nella nostra immaginazione e intuizione come parti della nostra mente e del cuore che formano una partnership, e che insieme si fondono con lo scopo di sperimentare ed esprimere l’interconnessione nella nostra realtà… Inizialmente attraverso la logica, poi attraverso l’esperienza…”

L’uomo rimase un attimo in silenzio. “Mi sa che a confondermi è il termine spiritualità della separazione. Credo che, prima di incontrarla, stessi in quel mondo. Avevo spezzato i legami con la religione in cui fin da piccolo sono stato allevato dai miei genitori. Ho trovato una spiritualità personale improntata sul bene e la ricerca della verità. In che modo questo è una spiritualità della separazione?”

“Può anche non esserlo. Vi è un superiore e un inferiore?”

“C’è un progresso nella mia comprensione. È un aumento di comprensione.”

“Vi è dietro un’organizzazione?” chiese la donna interrompendo la sua riflessione.

“Non proprio… forse una piccola.”

“Allora rientra nella separazione, ma forse il suo coefficiente di separazione con l’interconnessione è diverso rispetto a quello di una più grande religione mondiale. Ricorda che non esiste nessun sentiero d’interconnessione perfetto che possa cristallizzarsi da una persona a un’altra. Può essere compreso soltanto dal singolo: da te” e puntò il dito verso di lui sorridendo. “Più il sentiero è tuo proprio, più virerà verso l’interconnessione; e più un sentiero è seguito da altri – nel senso che è largo, lastricato e con indicazioni lungo la via – più virerà verso la separazione.”

“Ha appena detto che si tratta di un coefficiente, non di un assoluto. Significa che un sentiero per la coscienza e l’interconnessione non esiste?”

“Esiste un sentiero solo per l’individuo. L’individuo può usare la sua immaginazione e la sua intuizione insieme alla logica, e cercare la coscienza superiore che è il suo Sovereign permettendogli di condurlo all’Integral. Nel frattempo noi sappiamo che la realtà ancora ci colpirà. Il sentiero non consiste nello stare in compagnia o in un libro di regole. Noi impariamo a sperimentare ed esprimere la nostra coscienza uno, molti e tutto nella dualità di spaziotempo.

“Ci svegliamo ogni giorno cercando l’interconnessione, perché sappiamo che il suo partner – la separazione – è sempre in agguato a ricordarci del superiore e dell’inferiore, del migliore e del peggiore, del giusto e dello sbagliato. E noi sappiamo che questi due mondi s’intersecano nella nostra realtà in ogni singolo istante della nostra esistenza nello spaziotempo. Noi ci impegniamo solennemente a vivere un coefficiente, e questo coefficiente è definito da noi. La sua espressione nella nostra vita viene da noi. La sua energia viene da noi. Il suo scopo viene da noi. È impervio al giudizio.

“Sì, un sentiero c’è, ma c’è soltanto un solo sentiero per quell’unico individuo e unico sovereign. E questo perché il sentiero del Tutto è infinito. Abbraccia tutta la vita in tutte le sue forme.”

La donna fissò il mare per alcuni istanti, inspirò profondamente e lentamente espirò con un insieme di parole. “La separazione è come l’aria che respiriamo. È ovunque e invisibile nello stesso tempo.”

“Allora come possiamo percepirla?”

“Oh, la percepiamo… non è una questione di percezione. Il problema è la mancanza di re-indirizzamento all’interconnessione.”

“Re-indirizzamento…?” chiese l’uomo.

“Quando percepiamo il senso di separazione che viene indotto da delle parole, immagini o suoni intorno a noi, non importa quanto sottili, possiamo ridirigere la nostra attenzione sull’interconnessione centrandoci nell’intersezione tra il cuore e la mente dove i due sono nostri partner. Uno non è più importante dell’altro. Ciò che è importante è che sono partner paritari e che l’immaginazione e l’intuizione sono i loro strumenti di re-indirizzamento.”

“In che modo?”

La donna sospirò e intrecciò le dita dietro la schiena. “Compassione logica.”

“Non credo di aver mai sentito prima questa espressione…”

“Beh” replicò l’altra, “per ciò che riguarda il cuore e la mente, vi è un’unica espressione.”

Ridacchiò tra sé. “C’è la storia di un uomo, suppongo non diverso da te, che per un giorno intero andò vagando nel deserto senza un goccio d’acqua. Si era perso e lo sapeva. Il vento aveva cancellato le sue impronte e camminare affondando nella sabbia, su e giù per le dune, lo spossava aumentando ulteriormente la sua sete. A un certo punto, ormai sulla soglia della morte, nel crepuscolo del giorno ebbe una visione. In questa visione lui era un uccello, e poteva librarsi sopra il deserto. Librandosi, riuscì a vedere un piccolo insediamento con persone, strade, cani che abbaiavano, giardini… tutte cose indicative di vita.

“Si alzò immediatamente e camminò in direzione di quella visione con quanta forza e determinazione gli restavano nel corpo e nella mente. Quando giunse all’insediamento vide che era abbandonato. Non c’erano persone né cani che abbaiavano; nessun giardino ben curato. Le strade erano state da lungo tempo cancellate dai venti.”

“Aveva sognato?” chiese l’uomo.

“No, aveva avuto una visione. Una vera visione. E, logicamente, aveva presunto che un tal luogo avrebbe dovuto avere un pozzo.”

“E c’era?”

“Sì, e aveva acqua, ma quando la bevve, l’acqua era chiaramente inquinata e così non potè placare la sua sete. L’acqua c’era, ma non da poter essere bevuta. Se lo avesse fatto, avrebbe soltanto accelerato la sua morte. In quella situazione, seppe che gli restava poco tempo e che avrebbe avuto una misera e solitaria fine. La peggiore delle compagnie.

“A quel punto per l’uomo c’era una sola opzione: aveva bisogno di un miracolo. Doveva succedere qualche cosa di miracoloso o sarebbe morto. Era la sua sola opzione. Quando cominciò a scendere la notte e le prime stelle a farsi visibili, l’uomo era così debole che si distese sulla sabbia calda in attesa di morire. Tutto quello che poteva vedere erano le stelle nel cielo notturno. Dopo un po’ di tempo, gli parve di vedere un movimento nelle stelle.

“Si stavano formando delle nuvole, e di lì a poco la prima goccia lo colpì sulla fronte. L’uomo iniziò a ridere. Aprì la bocca e la pioggia gli si riversò dentro. Ingoiava e beveva la pioggia. Il corpo impolverato fu lavato. Dopo pochi minuti si risollevò dal quel letto di morte di sabbia. Si alzò e una volta in piedi udì una voce: ‘Seguimi, se desideri entrare più profondamente nella tua vita.’

“L’uomo si guardò intorno, ma nell’oscurità non riuscì a vedere nulla. Non era neanche sicuro che la voce fosse stata reale o puramente un’allucinazione. La pioggia cessò improvvisamente come era arrivata, ed egli gridò: “Seguirti dove? Non riesco neanche a vederti!”

“La voce gli disse che a parlargli erano la sua mente e il suo cuore: non era qualcosa al di fuori di lui; era qualcosa che era dentro e fuori; era ovunque e in tutto. Quella cosa era il tutto di cui lui era una parte e, se avesse ascoltato, quella voce lo avrebbe guidato.

“L’uomo non aveva scelta. Decise di fidarsi della voce e la prima cosa che quella gli disse fu di usare il suo cuore e la sua mente come un unico sistema sensoriale. Nel momento in cui lo fece, l’uomo potè vedere che la natura intorno a lui era immersa nell’oscurità ma debolmente illuminata dalla preziosità delle stelle e della luna crescente. Potè vedere come la natura lo tenesse tra le sue braccia. E l’uomo d’un tratto si ricordò che sua madre gli aveva raccontato che le stelle possono essere usate come segnaletica per trovare una direzione.

“Subito non si sentì più perso nel deserto: seppe in quale direzione muoversi.”

La donna fece una pausa e si chinò a raccogliere una conchiglia. “Guarda bene questa conchiglia” disse porgendola al giovanotto. “La vedi?”

L’uomo l’osservò attentamente avvicinandola agli occhi. “La spirale?”

“Sì. Vedi la perfetta geometria della sua forma?”

L’altro annuì. “E che relazione ha con la storia che mi ha appena raccontato?”

“La Natura ci tiene tra le sue braccia. Tiene ciascuno di noi, non soltanto la specie che noi rappresentiamo. Ciascuno di noi. La Natura è intelligente, la Natura è una potente forza guidata da un’intelligenza: un’intelligenza planetaria, non un’intelligenza umana, animale, vegetale o computerizzata.”

“Anche nel caso delle tempeste?”

“Anche nel caso delle tempeste.”

“E come si collega questo alla compassione logica?”

“La separazione è ciò che attiva (enable) la Natura. La Natura è noi, e noi siamo la Natura. Questo è logico e indiscutibile: questo appartiene alla mente. E dato che è vero, è anche vero che noi siamo interconnessi a lei, e questo appartiene al cuore. Ed è qui che entra la compassione.”

“E chi vive in città e non vede molta natura?”

“Quindi definiamo la Natura come alberi, montagne e mare?”

“Non è così?”

“La Natura è tutti noi. Ogni creatura vivente. Noi siamo il pianeta stesso e il pianeta fa parte della Natura del nostro universo e di tutta la vita in esso. Pertanto, la compassione logica persegue la fusione di cuore e mente. La compassione è il nostro modo di percepire la Natura, e percependo siamo una parte vitale tramite la nostra interconnessione con essa. La logica è come noi crediamo. Non si tratta di ripetere le credenze altrui, ma di comprendere – attraverso la logica – che noi siamo una coscienza omni-comprensiva che è interconnessa. Che siamo un sovereign e siamo un integral. Noi siamo coscienza, non un cervello; e siamo Natura, non un umano.”

“Uhm… “ mormorò il giovane. “Deve ammettere che è una forma di logica molto astratta. Non è per nulla fisica o materiale.”

“Sì…”

“Beh, e non è importante?”

“La logica si estende all’immateriale, no?” chiese la donna.

“Per esempio?”

“La prima volta in cui ci siamo incontrati, ho spiegato che noi viviamo nella dualità di spaziotempo, la cui dualità fondamentale consiste in separazione e interconnessione. È logico dedurre che se tutto è di natura duale, ci deve essere una dualità fondamentale da cui tutte le altre sorgono.

“Inoltre, la logica affermerebbe che noi viviamo in entrambe queste fondamentali, seppur opposte, espressioni di separazione e di interconnessione. Non si tratta affatto di o l’una o l’altra, perché la nostra realtà è costituita da entrambe. Pertanto, è logico che abbiamo il libero arbitrio di decidere in quale polarità vogliamo vivere, non come assoluto ma in quale proporzione. Con quale delle due scegliamo di essere in allineamento? Verso quale propendiamo? Quale esprimiamo nelle nostre creazioni e incorporamenti?”

La donna riprese la conchiglia dalle mani dell’uomo e la posò nuovamente con cura sulla sabbia.

“Questo è un esempio di compassione logica.”

“Penso di capire la parte logica. Ma qual è la parte compassione?”

“Tenendo in mano quella conchiglia, l’hai considerato un saluto tra te e quella particolare conchiglia?”

L’uomo scosse il capo. “No…”

“Hai immaginato la sua storia, come ha trovato questo posto e come ha trovato te?”

Di nuovo l’altro scosse la testa.

“Le hai fatto delle domande?”

L’uomo sbattè le palpebre. “No.”

“Le hai inviato amore dal cuore? L’hai accolta nella tua realtà?”

L’uomo sembrò entrare in agitazione. “No. Nessuna di queste cose. Ascoltavo la sua voce cercando di capire.”

La donna sollevò una mano e indicò con un dito il cielo azzurro. “Non si fanno domande sulla compassione, la si vive. Non è un qualche grande evento di santità. È la più piccola delle cose. C’è da sempre, poiché la più piccola delle cose è precisamente là dove la nostra interconnessione attende. E questo è ciò che è la compassione. Se tu la senti per le più piccole cose, puoi sentirla per le cose più grandi… come i tuoi compagni umani. Se la senti per le cose grandi, ma non per le piccole, allora la compassione non ti ha trovato, o tu non hai trovato lei.

“La compassione è ciò che ci permette di considerare con la logica senza sentirci freddi, distanti, calcolatori o incuranti. La compassione è ciò che ci unisce. La compassione è ciò che ci porta all’intersezione di queste due polarità – separazione e interconnessione – per trovare equilibrio e comprensione.”

“E la logica che cosa dà alla compassione?” chiese il giovane.

“La sensazione di più alte realtà. Logica e compassione sono dei partner anomali, ma partner non di meno. È logico credere che ogni cosa vivente in ultimo derivi da questa interconnessione che crea la compassione in noi. È compassionevole esprimere questa comprensione.”

L’uomo continuava a scuotere il capo, lo sguardo sfocato. “E l’amore, allora? Non ne parla mai. Perché?”

“Che cos’è l’amore se non il senso di interconnessione unito alla logica di sapere che è una realtà? Io non ne parlo perché non lo si trova nelle parole.”

“Riguarda l’azione, allora?”

La donna scosse il capo. “No. Riguarda la comprensione. È lì che si trova l’amore, ed è da lì che può essere condiviso.”

“Che tipo di comprensione?”

“Di tutte le cose di cui abbiamo parlato.”

“Ma ha appena detto che non si trova nelle parole.”

“Sì, ma che cosa c’è dietro le parole?”

“Il pensiero?”

“E che cosa c’è dietro il pensiero?”

Il giovane tacque e chiuse gli occhi. “Il sentimento?”

“Quale tipo di sentimento?” domandò gentilmente la donna.

“L’interconnessione” replicò l’altro con tono deciso.

“È sufficiente?”

“Deve essere bilanciata con la separazione” replicò.

“Dunque, un senso equilibrato di interconnessione è la fonte dell’amore in questo mondo?” chiese la donna.

“Penso di sì…”

“E che ruolo gioca la logica?”

“Rende il nostro senso di interconnessione… reale.”

“Sì.”

“Logica e amore sembrano essere una strana coppia…” osservò l’uomo.

“E cosa c’è dietro l’interconnessione” domandò la donna ignorando la sua osservazione.

L’uomo rifletté per un po’, il volto pensieroso.”Direi la coscienza sovereign dell’individuo.”

La donna annuì. “E dietro a quella?”

“Dovrebbe esserci l’integral. Il Tutto.”

“E dietro a quello?”

“Lo sconosciuto… suppongo. Probabilmente anche l’inconoscibile.”

“Esattamente! Per questo motivo l’amore sorge dallo sconosciuto, e noi non sappiamo da dove viene. Questo è precisamente il motivo per cui l’umanità dice che non è possibile descrivere l’amore.” La donna fece una pausa e sollevò un po’ il capo. “Come si descrive qualcosa che non si comprende perché non si sa come arriva o da dove?”

“Me lo sta chiedendo o è una domanda retorica?” chiese il giovane.

“Te lo sto chiedendo.”

“Mi hanno sempre insegnato che il contesto è importante per poter comprendere. Quindi, qual è il contesto?”

La donna sorrise a quella risposta. “Avere buoni mente e cuore. Ci vogliono entrambi per comprendere l’amore. E una volta compreso, l’amore si allinea poi con la mente e il cuore. Ricordi quando ho detto che il cuore e la mente devono fondersi?”

“Sì…”

“La comprensione dell’amore è il legame tra i due” disse.

“Sta dicendo che senza quella comprensione noi non possiamo amare?”

“No, certamente no” replicò. “C’è amore ovunque. È una delle energie più abbondanti in tutti i mondi. Ciò che sto dicendo è che per fondere il cuore e la mente con l’amore devi comprendere le origini dell’amore; il suo scopo; la sua fonte. Anche se questa comprensione è imperfetta” fece una brevissima pausa, “… e lo sarà.”

“Poco fa ha detto che l’amore sorge dallo sconosciuto o inconoscibile. Allora, come è possibile comprenderlo?”

“Non basta sapere che non sappiamo, dobbiamo sapere perché non sappiamo. Questa è la comprensione imperfetta.”

“Intende dire che siamo disconnessi dall’amore perché lo associamo al romanticismo, al sesso o alla carità, e cose così? È questo che sta dicendo?”

“Sì.”

“D’accordo, allora perché?” chiese.

“Perché noi non sappiamo di non comprendere l’amore?” rispose domandando a sua volta.

“Non lo so” replicò subito l’uomo.

“Se ti chiedessi di descrivere il concetto di speranza, come lo faresti?” gli chiese.

“Lo farei con un esempio.”

“E qual è un esempio di amore?”

“Un atto gentile, suppongo” disse l’uomo.

“E quando in una coppia c’è un impegno reciproco?”

“Sì, è un altro esempio.”

“E quando qualcuno sacrifica la propria vita per un altro?”

“Sì, questo si qualifica sicuramente come amore.”

“E di un bambino che gioca con una farfalla?”

“Capisco dove vuole arrivare…” disse l’uomo. “L’amore ha moltissimi esempi…”

“Centinaia, migliaia, milioni di esempi, una varietà infinita. Sì… Eppure, data l’infinita varietà di esempi dell’amore, resta nascosto per quanto riguarda la sua fonte e la sua evoluzione,”

“L’amore evolve?”

“Tutto evolve. Perché per l’amore dovrebbe essere diverso?”

“Penso… mi sa di non aver mai ragionato in questo modo.”

“L’amore è una cosa eterna, la creatura di una landa selvaggia (wilderness) che i nostri occhi non vedranno mai. E di questo ognuno di noi deve rendersene conto da sé. Non è una ricetta data da altri, soltanto da noi. Non sta in uno spaziotempo definito. È un network o campo che abbraccia tutte le cose. E data questa sua struttura, le porte per questa realizzazione integrale sono tante quanti sono i Sovereign di tutte le specie di tutti gli spazitempi.”

“Perché questo è importante?” chiese l’uomo.

La donna fissò il cielo per un momento, come a chiedere aiuto a qualche spirito invisibile.

“Conoscevo una persona a cui per tutta la vita era stato detto che fosse una peccatrice buona a nulla. Un essere umano disgraziato; disprezzata dalla sua famiglia; senza un solo amico; inaffidabile e totalmente egoista. Questa persona era considerata, sotto ogni punto di vista, insalvabile, e rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Quale poteva essere la sua filosofia di vita?

Con quali parole si potevano descrivere i suoi principi guida?”

La donna fissò l’uomo in attesa, dondolando leggermente il capo.

“Non riesco a immaginare come l’amore poteva farne parte” rispose l’uomo piano.

“Che cosa diventò l’amore?”

“Sesso, suppongo…”

“Che altro?”

“Rabbia e frustrazione?”

“Sì, l’amore può in realtà essere deformato in ogni forma. È perfettamente malleabile, come l’argilla. E quale forma modella, dipende tutto dalle parole e dai sentimenti che crediamo. Ed è nel dare forma che l’amore mostra – al più ampio raggio d’azione – il momento in cui siamo al massimo della nostra creatività, siamo più potenti. E, potenzialmente, al massimo della nostra interconnessione.”

“Ma questa ipotetica persona di cui ha parlato, usava sempre l’amore per creare le sue forme?”

“Quale altro materiale c’è se non l’amore? Non è logico che l’amore sia l’interconnessione che sentiamo e immaginiamo? Così anche coloro le cui forme di creazione sono contorte nell’oscurità sono solo espressioni deformate di amore, sono fatte di amore, perché non si può fare nulla che non è amore.”

L’uomo sospirò. “Si può essere così schiavi delle parole e dei sentimenti che si provano da condannarsi in questa vita a creare solo versioni deformate di amore?”

La donna allargò le braccia e le labbra si piegarono appena verso l’alto in un accenno di sorriso. Fece il gesto di una ballerina a fine esibizione.

Il giovane la guardò e fece una smorfia scuotendo il capo in negazione. “No… no… impossibile. Non starà suggerendo di essere lei quell’ipotetica persona?”

La donna abbassò le braccia. “E perché no?” chiese con una scrollata di spalle.

“Ma come?” chiese. “La donna che ha descritto… non riesco a immaginare una cosa del genere.”

Riprese a scuotere il capo. “Sta scherzando, vero?”

“Io sono la prova che le parole, i sentimenti e le credenze… sono tutti importanti.”

“Ma… ma come si è trasformata da… da quella persona miserrima che ha descritto a quella che è adesso?”

“Con parole di speranza.”

“Come… quali parole?” chiese l’uomo.

“Sovereign Integral. Fonti Unificate. Coscienza uno, molti e tutto. Campo d’amore. Partnership cuore-mente. Filo di unità…”

“Ma come è cambiata grazie solo a delle parole?”

“Le ho considerate piene di speranza e ho deciso di considerarle attentamente. Non avevo mai veramente avuto speranza prima che quelle parole entrassero nella mia vita.”

“Chi gliele ha date?”

“Non lo so.”

L’osservò stupito. “Non lo sa?!”

La donna scosse il capo. “No, e sai una cosa?”

“Che cosa?”

“Non mi sono mai veramente preoccupata di scoprirlo.”

“Perché?”

“Perché queste parole bastano a collegarmi a chi io sono, così da poter essere quello e non una qualche versione storicamente deformata di me.”

“Non le credo” affermò l’uomo con tono deciso.

“Che cosa non credi?”

“Che lei un tempo fosse quell’ipotetica donna. Non credo che una persona possa cambiare così tanto.”

“Hai mai visto una landa selvaggia? Intendo, l’hai mai guardata come se tu e lei foste una cosa sola?”

“Probabilmente no, almeno secondo la sua definizione” rispose il giovane.

“La landa selvaggia è caos e armonia contemporaneamente. Se pensi che debba essere coltivata e procedi con la sua coltivazione, si struttura e in questa struttura vi è la dualità: bello o brutto; buono o cattivo; intelligente o ottuso. Tutte queste dualità iniziano a produrre raggruppamenti, ma la landa selvaggia è… perfetta a modo suo. Non vi è alcun autentico senso di dualità. È in equilibrio, nonostante gli impatti umani.

“Nel mio caso, ero stata strutturata e organizzata da altre persone, da altri pensieri, da altre credenze. Ero una landa selvaggia che doveva ancora essere scoperta. Le parole la manifestano oppure riecheggiano le credenze strutturate di altri. Se vivi in queste ultime, entrerai in questo mondo come una tela bianca che va progressivamente riempiendosi, e dopo il tuo settimo anno non trovi più una sola pennellata che sia tua. La mia tela era quasi completamente piena quando mi resi conto di questo.

“C’era soltanto spazio per poche pennellate. Presumevo di essere io a tenere in mano il pennello, ma poi mi arrivò la consapevolezza che io… che in realtà io ero un burattino. Era mia la mano che dipingeva la tela, ma non era mia la volontà di usare un certo colore o la posizione della pennellata, e non una sola pennellata era dove io la volevo. Non ero io a deciderne la lunghezza o lo spessore sulla tela. Veniva fatto da mani che non erano connesse al mio senso del sé, alla mia landa selvaggia.

“Avevo permesso a tutti tranne a me di dipingere sulla mia tela… la mia vita… di determinare chi io fossi. Quando mi resi conto di questo, compresi che avevo bisogno di nuove parole, nuove credenze, nuovi sentimenti e nuovi comportamenti. E tutte queste cose avevano bisogno di allinearsi con qualcosa che avesse valore: che portasse speranza e una promessa che suonasse vera, non per me ma per tutto. Quella fu in realtà la chiave per la mia… redenzione.”

La donna tacque e fissò attentamente il mare agitato come da una potente ruota naturale. “Noi possiamo cambiare. Ognuno di noi può. Il sentiero per quella landa selvaggia è nostro e soltanto nostro. Proprio nessun altro può guidarci ad essa. E se ci imbattiamo in qualche sorta di illuminazione, torneremo alle nostre tele a dipingere un angolino, come riferimento alla sua miracolosa natura mentre gran parte della tela resta di altre mani.

“Nel corso del tempo, il miracoloso perde il suo magnetismo. E noi torniamo a fissare un dipinto fatto nell’arco di molti decenni con milioni di pennellate. Quell’istante di comprensione in un certo qual modo finisce con lo svanire, e perfino gli angoli diventano la superficie per nuove pennellate inventate da altri.”

“Così lei dice che la trasformazione può avvenire, ma può svanire se è costruita esclusivamente su un’esperienza estatica o miracolosa. Tuttavia se manteniamo le parole di speranza che risuonano dentro di noi, queste possono sostenerci e persino aiutarci a ridipingere la tela nei colori di queste nuove parole e credenze. È questo che sta dicendo, vero?”

La donna annuì e indicò le scale che permettevano un passaggio sicuro dall’alto della scogliera alla spiaggia e ritorno. “Non potrò continuare questa conversazione mentre salgo le scale, per cui ti parlerò ora, così quando avrò finito mi potrò concentrare sulla salita” gli disse sorridendo.

“Tutto consiste in come produciamo questo autentico sentimento di interconnessione all’interno di un campo di separazione, per poi creare con esso incorporamenti armoniosi di amore incondizionato: non secondo gli standard di qualcuno ma secondo i nostri propri standard. Tutto ciò che ti ho detto finora, è soltanto una diramazione di quell’inizio fondamentale che è venuto prima di quel primo giorno in cui l’aula del nostro universo si è avvalsa di una più alta intelligenza in forma fisica.”

La donna afferrò il corrimano della scala e iniziò a salire.

D’un tratto irrequieto, l’uomo la raggiunse e la toccò sulla spalla. “Per favore, solo una piccola domanda.” La donna si voltò annuendo.

Il giovane sospirò piano. “Come produciamo questo sentimento di interconnessione?”

La donna tornò a guardare il mare. “Non c’è nulla da produrre. C’è da sempre fin dal momento in cui il sovereign è entrato nella dualità di spaziotempo. C’è da sempre per tutti noi di vivere, a modo nostro, la landa selvaggia dentro di noi.”

“Come lo faccio?”

“Già lo fai. Ognuno sta creando questi incorporamenti d’amore, si tratta solo se li portiamo dentro la realtà provenienti dalla nostra landa selvaggia o dai dipinti di altre mani. Questa è l’unica differenza.”

“Allora, come li porto dalla mia landa selvaggia?”

“Li devi liberare” rispose.

“Liberali?” ripetè con espressione stupita.

“Trova le nuove parole e i nuovi sentimenti che appartengono all’interconnessione e portali in espressione. Trova le parole di speranza, le credenze di un’intelligenza sovereign che vive nell’unità e nella separazione allo stesso tempo, che sempre impara e sempre insegna, che è sempre innamorata dell’amore. Questo è ciò che viene liberato.”

“E dove va?”

“Pensavo che ne avessimo già parlato.”

“Negli incorporamenti?”

“Vanno là… là… e là” disse indicando varie direzioni. “Sono come le scintille di un fuoco. C’è una forza dietro la direzione in cui vola una scintilla liberata dal suo fuoco. Sale, si trasforma in uno sbuffo di fumo, e s’innalza nell’aria della notte per non essere mai più vista, completamente separata dalla sua origine. I nostri incorporamenti sono proprio come quella scintilla. Noi non sappiamo come si riverberano, eppure sappiamo che lo fanno.”

“E in che modo lo sappiamo?” chiese l’uomo. “Come sappiamo che c’è uno scopo in tutto questo… in questa vita che viviamo? È possibile che si tratti soltanto di fisica o matematica a caso.”

“È per questo che è importante il potere delle parole” sottolineò la donna. “Il loro potere sta nella capacità di rispondere al dubbio con la logica. Senza logica, le parole non sono sufficienti.”

“Di quale logica sta parlando?”

“Della logica che anche se fosse possibile un mondo a caso e che questo mondo giungesse a creare un pianeta naturalmente selvaggio, popolato da milioni di specie diverse, che si catapulta in un universo sconosciuto con un percorso dal tracciato che nessun occhio può vedere, esso avrebbe ancora uno scopo. Sulla superficie della Terra questo scopo si rivela nella nostra vita, nella nostra condotta, nelle nostre creazioni, l’eredità che ci lasciamo dietro, le impronte del nostro cuore e della nostra mente.

“Se la nostra vita orbita intorno al Sovereign e all’Integral e a concetti simili, allora noi – tutti noi – stiamo evolvendo l’Integral nella direzione dell’armonia e dell’equilibrio all’interno della dualità di spaziotempo. E a prescindere che ci sia un Dio, un cielo o un inferno, un nirvana, un salvatore, o anche un trilione di vite in una successione senza scopo che ci attende, noi possiamo decidere di usare la logica e dire a noi stessi: non mi interessano le cose che stanno fuori, io scelgo di vivere secondo le parole che risuonano nella mia landa selvaggia.

“Questo è logica, questo è ardimento: svincolarsi dal mondo esterno e dalle sue influenze; allontanarsi dalla cultura della separazione; creare il nostro proprio senso logico dalla landa selvaggia che vive dentro ciascuno di noi.”

“Un’ultima domanda, e sarà breve, lo prometto… “e la fissò con sguardo implorante.

La donna annuì leggermente. “Una sola domanda, amico mio, e poi dovrò veramente iniziare a salire. Vieni con me?”

Il giovane si portò la mano sulla fronte per schermarsi gli occhi dal sole, come per meglio leggere il volto della donna nel farle la domanda. “È stata davvero in un ospedale psichiatrico?”

La donna rimase completamente immobile per alcuni momenti. Non una sola espressione le attraversò il volto. “Forse quando ci incontreremo nuovamente risponderò alla tua domanda, se avrà ancora importanza. Comunque, coglierò l’occasione per farti io alcune domande.” Sorrise e incominciò a salire i gradini, contandoli man mano: ”Uno, due, tre, quattro…”

Si fermò a “cinque” e si volse a guardare l’uomo che già stava camminando lungo la battigia.
“Un’ultima risposta per te su cui riflettere” disse a voce alta per sovrastare il rumore della risacca.

L’uomo si bloccò di colpo. “Sì…?”

La donna indicò la propria testa. “Questo genere di logica può sorgere soltanto da due parole: Sovereign e Integral. E queste due parole posso sorgere soltanto in un mondo impregnato di scopo. Quando è così, e noi le assimiliamo e diventano noi, allora questo mondo si muove verso una più alta armonia. Ascolta meglio le spinte e i sussurri di un futuro pieno di speranza… non per te, non per me, non per noi, non per loro… per tutto. Noi questo possiamo accelerarlo o possiamo ritardarlo. È una scelta.” Agitò un poco l’indice. “Se rifletti su qualcosa, rifletti su questo.”

Poi si voltò e mentre continuava a salire sentì un “Grazie!” venire dalle labbra del giovane. Lei poteva percepire le distanze; aveva salito gradinate anche più ripide dove la paura era in agguato ad ogni passo. La divisione era la sua tela. La gente non desiderava continuare a salire quando credeva di aver trovato la meta, ma le sue distanze erano più vaste di quelle della maggioranza, più complesse della maggioranza e più illuminanti della maggioranza.

“Dev’essere il sale nell’aria” disse asciugandosi una lacrima. “Sette, otto, nove, dieci, undici…”

L’uomo camminava rasentando il bordo dell’acqua e fissando la distesa del mare. Non una volta riuscì a mantenere l’attenzione su qualcosa, c’era sempre troppo movimento: le onde, che con le loro creste d’improvviso si inchinavano alla gravità infrangendosi con tutta la loro forza sugli scogli, si frastagliavano sulla baia. Tutto era in movimento – acqua e cielo – come sgomitando nella solidità della terra.

Poi la sua mente si volse interiormente, danzando con pensieri che non aveva mai considerato prima. Le cose che sono eterne e infinite, come possono evolvere? L’evoluzione non è una funzione dello spaziotempo?, pensava l’uomo tra sé.

E quasi immediatamente udì la sua mente farsi avanti e rispondere. “Ogni cosa che è sia eterna che infinita è in atto di praticare la sua rimembranza nello spazio di una vita temporale. Noi lo facciamo al fine di vivere nella coerenza del Sovereign mentre viviamo nella dualità di spaziotempo.

“Noi riconosciamo di non poter portare un altro occhio e un altro orecchio nello spaziotempo al medesimo riconoscimento. Permettiamo l’evoluzione dell’infinito e l’osservazione dell’eterno. Portiamo questo a unione. Il Sovereign è il rappresentante infinito dell’eterno Integral.

“Caparbiamente, noi li allineiamo, li accettiamo, li comprendiamo, e li facciamo diventare partner mentre ci muoviamo nella nostra singola vita temporale di consapevolezza; e, facendo un passo indietro, permettiamo loro di entrare tramite nostro in questo mondo della condizione umana (humanness). In quel momento entra in noi un’intelligenza che rivendica ogni particella della nostra identità umana di singola vita temporale, e bilancia il nuovo e il vecchio per creare l’evoluzione della nostra rimembranza… il nostro cambiamento di identità. L’Integral evolve attraverso lo spaziotempo.

“La nostra identità collettiva in tutte le specie e gli spazitempi evolve. Ogni cosa è nello spaziotempo. Ogni cosa. Questo è il motivo per cui ci sono infinite varietà. L’intelligenza Integral crea l’identità sovereign, l’identità sovereign crea una vita temporale, una vita temporale crea apprendimento per l’intelligenza Integral. Questo è il vero nucleo del ciclo evolutivo e, come tutti i nuclei, è un portale ad altri nuclei. Questo è chi noi siamo come un Integral focalizzato in un Sovereign che vive in un’infinita varietà di vite temporali e forme di vita.

“Credi nella piccolezza di un umano oppure nell’espansività di un Sovereign Integral. Se sentiamo che sia meglio vivere nell’espansione piuttosto che nella contrazione o nella ripetizione, allora molto probabilmente sentiamo il magnetismo del Sovereign Integral come nostra identità in atto. Non è una realizzazione istantanea e neppure una pratica comportamentale che perfezioniamo. La guidiamo nella nostra vita tramite l’auto-compassione e la comprensione. Ci muoviamo verso il prossimo incorporamento che attende di essere creato tramite noi. Noi amiamo tutti al meglio della nostra capacità.—