Viaggiatori su un ponte

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Viaggiatori su un ponte
S1 : E1

Un giovanotto camminava lungo una strada in alta montagna. S’imbatté in una donna anziana che viaggiava nella direzione opposta. Mentre s’incrociavano sul ponte, ognuno sul proprio lato, il giovane domandò: “Mi scusi, signora, la strada continua più facile o più difficile?”

La donna si fermò. “Vuoi che risponda a questa domanda o a quella che stai veramente chiedendo?”

Il viaggiatore rifletté un attimo e rispose: “Se lei è così saggia, allora lo decida lei; ma mi dica: qual è la domanda che sto realmente chiedendo e lei come fa a conoscerla?”

“Facciamo tutti la stessa domanda, è per questo che lo so. Soltanto che usiamo parole differenti.”

“Allora, qual è la domanda?”

“Chi sono io?” ribatté pronta la donna con una leggera alzata di spalle, come se fosse ovvio.

“Così lei dice di saper rispondere a questa domanda? E qual è la risposta?”

La donna si voltò e continuò a camminare. Si era allontana di qualche metro lungo il sentiero e il giovane gridò: “Allora, qual è la risposta?”

La donna si fermò e si volse a guardarlo con grande attenzione e gentilezza. “Non la puoi conoscere. Puoi soltanto averne dei barlumi. Un cenno dall’universo. Percezioni di connessione. Parole di verità relativa.” Sorrise. “Questo è in che modo conosci la risposta. È incompleta e non scritta. Il tutto è nascosto.”

“Perché?” chiese il giovane. “Perché ci è nascosto?”

“Non si tratta di un segreto che ci viene celato. È semplicemente qualcosa di troppo grande e di troppo piccolo perché la mente possa conoscerlo. Dimora in tutto. È così differente che la nostra mente non sarebbe in grado di scorgerlo.”

“Perché è così differente?”

“Perché se non lo fosse, non potrebbe creare uno spaziotempo sovrano che ti permette di sperimentare una realtà che sia solo tua. Tu sei una lente della realtà per la coscienza uno, molti e tutto.”

Il giovane chiuse un attimo gli occhi. “E se a questa domanda venisse data una vera risposta, al massimo delle mie capacità di comprensione, poi sarei felice?”

“Se noi conosciamo noi stessi – per quanto debolmente – come la coscienza uno, molti e tutto, la nostra felicità consiste nello scopo dell’avventura che è la vita davanti e dietro di noi e nell’adesso. Vive nella fiduciosa espressione della coscienza nella condizione umana. Sì, la felicità nel nostro mondo resta una fluttuazione di alti e bassi. Alti con un senso di connessione, bassi con un senso di separazione. Questi competono per la nostra attenzione. Il nostro senso di connessione o di separazione è la dualità fondamentale da cui originano tutte le altre dualità.”

“Per dualità s’intende solo due cose?” chiese l’altro, riflettendo un po’ perplesso.

La donna alzò due dita come in segno di pace. “Sono due cose, no? Quindi, dualità.”

“Lei, però, dice che ogni altra dualità viene da queste due origini?”

“Non sono origini, sono degli effetti in cui scegliamo di credere. O crediamo nell’interconnessione o crediamo nella separazione. La maggior parte delle persone fluttua credendo in entrambe, e così le sperimenta e le esprime entrambe.”

“Allora, perché non scegliamo semplicemente l’interconnessione credendoci, se questo ci rende felici?”

La donna sorrise: “La strada davanti a te è facile.” Annuì come in un gesto di benedizione e voltandosi tornò ad allontanarsi.

Il giovanotto non volle perdere il contatto con quella saggia persona e le corse dietro. “Per favore, si fermi un momento. Ho un’altra domanda.”

Lei continuò a camminare. “Allora cammina con me.”

Il giovane guardò le due estremità della strada. La donna si dirigeva dove lui era già stato e non voleva tornare al punto da cui era partito. “Verrò con lei solo per farle una domanda o due, È d’accordo?”

La donna annuì e l’altro adeguò il passo per camminarle accanto.

“Qual è la tua prima domanda?”

Il giovane faticava a mantenere stabile il suo respiro nell’aria rarefatta della montagna. “Perché non scegliamo l’interconnessione, semplicemente?”

“Perché la presenza della separazione è il fondale della condizione umana. La sopravvivenza è separazione. La sopravvivenza è fondamentale per qualsiasi specie o non esisterebbe. Tutti noi siamo educati in questo. Ancora, ancora e ancora di nuovo. Questo lo sentiamo coscientemente in centinaia, se non migliaia, di momenti ogni giorno. Subconsciamente, lo sentiamo quasi costantemente. La separazione è la lente di default con cui l’umanità osserva la realtà. Per passare dalla separazione all’interconnessione, abbiamo bisogno di una prova. Vogliamo vedere l’evidenza e avere la conferma che noi siamo interconnessi, e non soltanto tra di noi, umani, ma con tutta la vita in tutte le sue forme e spazitempi e mondi negli universi.” Ridacchiò tra sé, meravigliandosi della sua eloquenza.

“Perché abbiamo bisogno di una prova?” chiese l’altro con gli occhi socchiusi, come se fosse immerso in un profondo pensiero.

“Perché viviamo nella separazione e, per noi, questa è la nostra casa. Se uno vuole farci lasciare la nostra casa, dobbiamo avere una buona ragione, E la prova è la buona ragione.”

“Ma come si prova che tutta la vita è interconnessa?”

“E questa è la tua terza domanda” gli fece giustamente notare la donna.

“Vero…” rispose con un sorriso, e notò anche di non avere fretta di tornare indietro.

“La mente e il cuore” iniziò, “sono partner a pari grado nel nostro mondo. Uno supporta l’altro con un’equità forgiata dai fuochi della logica. Nessuno ha da istruire la mente e il cuore ad essere partner. Loro già conoscono il loro scopo fondamentale. Tuttavia, la separazione è così forte in questo mondo da rendere questa cosa ovvia come se non lo fosse.”

“Allora, per alcuni è ovvio e per altri non lo è?”

“Noi stiamo sperimentando. Non è che alcuni non hanno trovato il loro equilibrio, è che preferiscono il disequilibrio. Trovano che per loro sia un’area di apprendimento, di impegno o di espressione più feconda… e sì, certamente, alcuni perdono la strada. Come ho detto prima, noi siamo qui per evolvere ed è attraverso la sperimentazione che evolviamo. Questo è il motivo per cui la libertà d’azione del libero arbitrio venne mischiata alle realtà sovrane. Così che potessimo sperimentare.”

“… Dunque, qual è la prova?” chiese timidamente il giovane.

“La maggioranza delle persone crede di essere spirituale perché si attiene a un libro o a un maestro. Quando le parole entrano nella sfera del pubblico sono soggette a interpretazioni e abbellimenti finalizzati, poi iniziano a fissarsi nel fondale della separazione.”

“Mi sta dicendo, allora, che noi pensiamo di poter lasciare la separazione grazie a un sentiero spirituale o religioso, ma che quelli ci riportano inevitabilmente nella separazione?”

“Ho perso il numero delle tue domande” disse, “e ti ricordo che ad ogni passo che fai con me aumenta la distanza dalla tua destinazione precedente.”

Il giovane fece un cenno d’impazienza con la mano. “Lo so, ma non posso andarmene quando ho queste domande che mi ronzano per la testa. La prego, continui.”

“Fa tutto parte del movimento di sperimentazione–evoluzione a cui tutti noi partecipiamo, che lo si sappia o meno. La prova, tuttavia,” e alzò l’indice per enfatizzarlo, “non la si trova. Mai. A meno che tutti vedano, nessuno vede. Alcuni colgono i suoi echi e riverberi da un tempo futuro. Riescono a percepire la realtà di questa interconnessione e hanno la sensazione della sua presenza, ma questa non è una prova. È una sfaccettatura della sperimentazione e dell’espansione. Nulla più.”

“E la scienza? Non è in grado provarla?”

“Essere in grado non è la stessa cosa di ottenere qualcosa. Essere capaci di provare qualcosa scientificamente in una realtà che non è conoscibile per la nostra mente è un paradosso. La scienza punta semplicemente una luce nelle tenebre circostanti, e il suo raggio luminoso si estende solo in una direzione. Per quanto sia luce diffusa, non è sufficiente a provare una cosa così diversa dalla separazione come lo è l’interconnessione.”

“E quindi come si fa?”

“Con lo spaziotempo.”

“Lo spaziotempo?” chiese il giovanotto, dubitando di comprendere anche una frazione di quel che la donna intendeva dire.

“La realtà è diversa per ogni forma di vita. Sei d’accordo?” domandò la donna.

“Lo penso…”

“Lo prenderò per un sì” e sorrise.

“Lo spaziotempo è un momento del tempo sperimentato in un luogo. Il momento della comprensione è inevitabile, perché questo è ciò che siamo. Quell’evoluta e completa coscienza dell’uno, molti e tutto non è stata inventata all’interno dello spaziotempo, è ciò che noi siamo. Quello che noi facciamo è ricordarlo e trovare dei modi per incorporarlo. E con ogni incorporamento che creiamo, noi acceleriamo lo spaziotempo, evolvendo l’origine in cui siamo dentro. Questa è la nostra prova: il nostro incorporamento, non le cose che ci succedono e non le cose che si possono misurare.”

Il giovane si fermò e si tolse una scarpa. “Spero mi perdonerà, ma devo sedermi su quel masso e togliermi un sassolino dalla scarpa. Ci impiegherò solo un attimo.”

La donna si fermò e annuì. “Aspetterò.”

“Quali sono questi incorporamenti?” chiese dirigendosi verso il masso per sedersi.

“Sono le cose che tu crei con la sperimentazione.”

“E se io non sono uno scienziato, un artista o un artigiano?” Si riallacciò la scarpa e tornò verso di lei.

“Lo sguardo di un occhio è un incorporamento” replicò. “Il tono di una voce è un incorporamento. La gentilezza verso la sofferenza è un incorporamento. Le parole che diciamo sono un incorporamento. Non è riservato a un qualche speciale talento.”

“Però io so vagamente chi sono. So come diventare qualcosa di più. Capisco perché voglio farlo… “ Cominciò a rallentare il passo pensoso. Poi si fermò e guardò la donna che, nel frattempo, si era fermata e voltata verso di lui.

“L’unica domanda che mi è rimasta nella mente e nel cuore è: come lo condivido?”

“Si condivide da sé.” La donna sorrise con l’espressione di chi svela un segreto a lungo celato.

“Come?”

“I tuoi incorporamenti, le cose che crei nella tua realtà, vibrano e, tramite queste vibrazioni, condividono.”

“Ma che cosa condividono?” e le si avvicinò maggiormente.

“Condividono sé stesse.”

“Questo lo ha già detto.”

“Lo hai domandato due volte e due volte ti ho risposto.”

“D’accordo, ha ragione” rispose. “In che modo, esattamente, i nostri incorporamenti condividono sé stessi? E in che modo questo non è una violazione del libero arbitrio?”

“Il libero arbitrio si rivolge all’individuo, non al palcoscenico su cui l’individuo recita il suo ruolo. Questo palcoscenico è un brodo vivente di vibrazioni generate da un universo dinamico, dal nostro pianeta, dal luogo in cui siamo, dal nostro tempo, dalla nostra specie. Questo è il nostro palcoscenico, grazie al quale sperimentiamo per evolvere come espressioni sovrane della coscienza uno, molti e tutto. Gli incorporamenti della nostra specie in tutto lo spaziotempo possono essere percepiti e anche vagamente compresi. Vengono condivisi, e tu rimani libero di scegliere quelli con cui risuoni. Quelli che tu credi che ti possano servire.”

“Lei ha detto anche che noi possiamo percepire e comprendere gli incorporamenti del futuro? Ha detto: in tutto lo spaziotempo.”

La donna annuì. “Quando si crea un incorporamento esso vibra. Questa vibrazione è una forma di energia. L’energia viaggia; non viene contenuta, e questo perché lo spaziotempo è un campo. Tutti i punti si connettono in quel campo. Un incorporamento avvenuto oggi può influenzare ieri e domani. Non è contenuto nel tempo e questo perché è energia.”

Il giovane inclinò leggermente il capo di lato. “Dice che se guardo con gentilezza un estraneo, per esempio lei, che… che questo semplice sguardo ha energia e questa energia finisce in un modo o nell’altro in un campo di interconnessione che… che si estende a tutto il tempo? È questo che sta dicendo?”

“Noi siamo forme di vita che creano energia. Sì, è proprio questo che facciamo.” La donna annuì con enfasi. “Noi creiamo energia e la depositiamo nel campo collettivo a cui è connessa tutta la vita. È così difficile da capire? Di fatto si tratta di scienza.”

“Se questo è vero, è una responsabilità incredibilmente grande che noi abbiamo” osservò il giovanotto.

“Noi portiamo le nostre credenze fondamentali nel campo che condividiamo. Queste credenze permeano ogni nostro incorporamento. Se le nostre credenze principali vengono dalla separazione, allora stiamo nutrendo il campo della separazione. Se invece originano dall’interconnessione, allora noi alimentiamo il campo dell’interconnessione. È veramente semplicissimo, e per quanto riguarda il tuo commento sulla responsabilità… non è un onore piuttosto che una responsabilità?”

“Che cosa intende con un onore?”

“Noi siamo nella posizione di creare un’energia che costruisce una connessione con tutta la vita, oppure che costruisce un maggior senso di separazione. Siamo onorati perché ci viene data una scelta e ci è concesso di creare nello spaziotempo.” Allungò una mano per posarla sulla spalla del giovane. “Noi siamo gli artigiani che progettano le proprie vite per ricordarci nello spaziotempo della nostra capacità di scegliere. Quale più grande onore potrebbe un’origine offrire alla sua creazione?”

“D’accordo, non sono sicuro di seguire tutto questo. Ma, allora, che dire della sofferenza e del dolore? Come può una persona vedere queste cose come un distintivo d’onore e non l’imposizione di un universo crudele?”

La donna puntò il dito verso la stella della sera. “La prima stella è in realtà un pianeta, Venere. La vedi lì?”

Il giovane seguì la direzione del suo braccio teso e strizzò gli occhi. “A mala pena… ma, sì, penso di vederla.”

“Bene, è un onore vedere. Il vedere stesso è un incorporamento. La condivisione è una risonanza. L’osservazione è eterna. Noi creiamo semplicemente energia e questa energia si fissa al campo. E in un qualche tempo futuro, questa energia sarà sentita da qualcuno o qualcosa. In qualche tempo passato, qualcuno forse si domanda se questa prima stella sia davvero un pianeta. Capisci?”

“No” rispose scuotendo il capo.

La donna si fermò di colpo. Lui la raggiunse e la guardò in attesa con le mani dietro la schiena,

“C’è un mondo dentro di te” disse e gli puntò il dito sul cuore. “Tu sei quel mondo, non è il mondo a circondarti. Tu sei quel mondo. Quel mondo è una parte di un campo che interpenetra tutto. E questo tutto è noi in evoluzione. Dolore e sofferenza sono l’incorporamento della separazione. Entreranno nel tuo mondo e quando lo faranno, tu deciderai se invitarle a entrare oppure rifiuterai educatamente i loro effetti creando degli incorporamenti di interconnessione. Tu sei il mondo dentro di te e il mondo fuori di te. Sono una cosa sola.”

I due ripresero insieme il cammino come controllati da un’unica mente. “Vede, ancora non capisco il cuore e la mente come dei partner. Come si fa? … Intendo dire, formare una partnership tra loro?”

La donna guardò fisso davanti a sé. “Quando il cuore e la mente hanno pari valore nel tuo mondo, ti attraggono infallibilmente verso gli incorporamenti che hanno una vibrazione, un tono, un sentimento, una sensibilità interiore che rende l’amore più importante di ogni altro risultato. Decidiamo noi. Il cuore e la mente sono partner o sono concorrenti? Sono partner o sono esistenzialisti, ognuno con la sua propria isola? Sono partner e sono concorrenti, a seconda del momento?”

“Se decido io, allora devo riconoscere la presenza di un’opzione. Diversamente non sto decidendo, sto solo seguendo ciecamente ciò che mi è stato detto di fare” rispose l’altro un po’ beffardo.

La donna saggiamente sorrise e rimase in silenzio, annuendo leggermente.

Il giovane volse il capo nella direzione verso cui stava dirigendosi prima del loro incontro. Pochi passi e la sua vita era cambiata. Vedeva le cose diversamente, molto diversamente, e ne era spaventato. Il sole stava tramontando e mentre vi camminavano incontro iniziò a scomparire dietro una ripida parete della montagna.

“E se fosse tutto un sogno?” chiese di colpo. “Forse non c’è alcuna dualità. Nessuna interconnessione. Se davvero non si ha una prova, allora tutto potrebbe essere un’illusione… qualcosa di costruito per far sembrare tutto questo… casino meccanico… più accettabile.”

“Come ti ho detto prima, c’è una sola dualità: interconnessione e separazione. Se esiste l’una, esiste anche l’altra. Se c’è una, c’è anche l’altra.”

“Forse ciò che intendevo era che entrambe sono un’illusione.”

“Nel nostro contesto, un’illusione è una falsa credenza. E non è una credenza, né è falsa. Noi conosciamo la separazione. Noi sappiamo che la realtà di ogni persona è diversa. Questa è la natura della separazione. Pertanto, è un fatto in questa realtà. È scientificamente provabile che noi sperimentiamo la vita in modo diverso da ogni altra forma di vita dell’universo. E se questo è vero, e lo è, allora siamo anche interconnessi, perché anche l’opposto deve essere vero.

“E questa forma di logica è sempre esistita. Non si deve neppure avere una particolare sensibilità emozionale per capire che siamo tutti interconnessi. È pura logica. Comunque, per la logica intellettuale, se collabora con la frequenza della coscienza uno, molti e tutto quella parte di te che è nel cuore, allora l’interconnessione è ovvia sia al cuore che alla mente. Questo dà inizio alla partnership.”

“La separazione, però, è facile da provare. Basta solo guardarsi attorno. Lo stato di interconnessione, a paragone, non lo si trova guardandosi semplicemente intorno.”

“Ah… è lì che si trova.”

“Che cosa?”

“Quello che tu pensi che non può essere visto, che è nascosto, che ti è impedito, o per cui sei impreparato o le cento altre ragioni del perché non si vede la nostra interconnessione. Ti confiderò un segreto…”

Il giovane si avvicinò maggiormente. “Qual è?” sussurrò.

“Entrambi sono equamente presenti” e la donna si avvicinò a sua volta in simmetria con lui facendogli l’occhiolino. “Dualità. Per uno ci vogliono i sensi fisici, e per l’altro il senso dell’immaginazione.”

“L’immaginazione?” esclamò stupito, come se quella parola gli suonasse male. E iniziò a scuotere il capo mentre la donna lo fissava con occhi che brillavano comprensivi.

“La separazione è scienza e l’interconnessione è… immaginazione?” esclamò il giovane con più forza di quel che intendesse. “Come ci si può aspettare che la gente lasci la sua casa nel mondo della scienza per un mondo di immaginazione?”

La donna fece un cenno col capo nella direzione verso cui stava andando. “L’immaginazione è semplicemente percepire la tua via nello sconosciuto e, di tanto in tanto, cercare la porta dell’inconoscibile. La scienza è comprendere l’ovvio e dargli un nome, e un fine. La scienza si serve della matematica e di ogni genere di strumento di misura, e definisce un catalogo della nostra realtà in cui noi possiamo trovarci d’accordo ed evolvere da quell’accordo. Ma stanne certo, la scienza è scienza della separazione.”

“Quindi non c’è nessuna scienza dell’interconnessione? La dualità crolla?”

I due stavano ora di nuovo camminando fianco a fianco. Mentre camminavano, la donna indicò verso occidente il sole basso nel cielo. “Tu vedi quel globo solare, e puoi vederlo o con la scienza o con l’immaginazione. La scienza ti parlerà di tutti i dati relativi al sole. L’immaginazione ti parlerà di tutto ciò che significa il sole nella tua vita in questo momento. Ti parlerà del suo calore, dei suoi raggi giallo-aranciati, di quella sua circonferenza che ondeggia nell’incontro con la densità della nostra atmosfera. Non una sola misurazione viene qui usata dalla nostra immaginazione. Non un solo numero ci passerà per la mente o uscirà dalle labbra.”

“Ma la scienza è… vera. L’immaginazione è… soggettiva.”

“Ah, ma ciò che è vero per tutti, non è vero per uno. E ciò che è vero per uno, non è vero per tutti. Quindi, la scienza spiegherà il primo e l’immaginazione spiegherà il secondo. Forse fra cent’anni la scienza proverà che il campo esiste, che noi siamo interconnessi e pertanto un solo essere, una sola coscienza. Potrà provare che noi siamo una coscienza in evoluzione manifestata nello spaziotempo incastonata con la rimembranza della nostra origine, e che lentamente comprende, in quanto una, che noi siamo questa origine.”

Sorrise e si volse verso di lui. “La scienza, oggi, non sta sollevando il manto della coscienza uno, molti e tutto. Noi, pertanto, siamo lasciati con una sola opzione: o usiamo la nostra immaginazione per percepirla o restiamo nel regno della separazione, la testa china su un libro e le orecchie aperte ad ascoltare un insegnante esterno? Libero arbitrio…”

Si fermò e voltandosi indicò la direzione da cui provenivano. “Quella via ti aspetta. Di fatto, ti sta chiamando. Ti attira. Non lo senti?”

“Sì…”

A lungo i due guardarono il tramonto. Infine, fu il giovane a interrompere il silenzio nel loro mondo. “C’è qualcosa riguardo alla partnership cuore-mente che mi attira, ma non so perché…”

La donna sorrise. “Tutte le forme di vita che non hanno una mente e un cuore in partnership tra loro, sono più suscettibili a credere nella separazione. Il loro corpo, ego e subconscio tenderanno a credere e a seguire o la mente o il cuore, rendendo ancora più debole l’equilibrio tra i due.”

“Perché la partnership tra mente e cuore è così importante? Forse è questo che non capisco.”

“Perché è la partnership più importante nel corpo umano. Noi viviamo come umani, pertanto abbiamo la responsabilità di fondere cuore e mente verso uno scopo, a simboleggiare che crediamo nell’interconnessione. Questa fusione è ciò che permette agli incorporamenti che creiamo di avere una vibrazione di interconnessione. E questa fusione è un fondamentale pre-umano. Non è possesso di nessuno. Sarà ed è sempre stata un’esperienza sovrana quella di fondere il proprio cuore e la propria mente per incorporare l’interconnessione nello spaziotempo.

“Gli incorporamenti che originano dal singolo individuo hanno delle vibrazioni” continuò. “Ogni cosa, e ovunque, fa un’unica cosa: vibra. Se la mente e il cuore di un essere sovrano non sono in partnership, allora la vibrazione dei suoi incorporamenti porterà separazione. Di contro, gli incorporamenti di una mente e un cuore fusi insieme nello scopo, comprendere la nostra interconnessione con la vita, porteranno l’interconnessione. E questo è l’attrattore che ci attira ad evolvere, espandere, rinnovare e lustrare la nostra comprensione.”

“Come possiamo farlo?”

“Con il respiro.”

“Non capisco…” mormorò tra sé.

“Quando inspiriamo, immaginiamo l’interconnessione con tutta la vita – una vita ampliata al massimo della nostra immaginazione. È impossibile arrivare a sovrastimare la nostra connessione. È impossibile arrivare a esagerarla. É impossibile arrivare a farla troppo grande.” Ridacchiò tra sé, come quando qualcuno ricorda d’un tratto qualcosa di importante.

“Quando espiriamo, sentiamo il nostro sé sovrano entrare in quelle forme di vita e spazitempi che immaginiamo. Scorrono dentro di noi e fuori di noi, e ciò viene fatto attraverso il respiro.

“Se viviamo fino a ottant’anni, avremo respirato circa 670 milioni di volte. Ognuno di questi respiri può essere un portale verso la comprensione dell’interconnessione. E una volta che questo sentimento si agita nell’intera nostra condizione umana – corpo, mente, cuore, ego e subconscio – allora è possibile ancorare questo sentimento di interconnessione nel proprio respiro.

“La nostra mente è nell’inspiro, il nostro cuore è nell’espiro. Il nostro respiro è una presenza che ci avvolge. La partnership tra il cuore e la mente è nel nostro respiro. Non dobbiamo pensarci sopra. È automatico. Possiamo essere consapevoli in certi momenti della nostra giornata, e aiutare a consolidare la metafora di cuore e mente in partnership e interconnessione, tuttavia, la cosa è automatica. Il nostro subconscio può farlo, una volta che il nostro cuore e la nostra mente si sono fusi avendo per fine l’interconnessione.

“Hai capito, ora?” chiese la donna.

Il giovane annuì. “Un po’ sì… con mia sorpresa. Questo ha senso. E vedo come praticarlo con il respiro e i miei incorporamenti. Vedo l’onore in questo ruolo.” La sua eccitazione era evidente mentre parlava. “E vedo anche che io sono il mio mondo… dentro e fuori. È in realtà liberante pensare in questo modo: che sono origine e creazione. Un essere sovrano che evolve all’interno di un’origine sovrana. Ora capisco!”

La donna si fermò e indicò nuovamente verso est. “Quindi puoi tornare al tuo viaggio.”

“E se volessi rimanere con lei?”

“Allora direi che sei temporaneamente… confuso” e sorrise sull’ultima parola.

“Confuso… in che modo?” chiese il giovane. “Lei è certamente una brava maestra. Non avevo mai sentito parlare di queste cose e io ho studiato. Ho veramente studiato.”

“Allora studia questo, invece” e puntò il dito prima al cuore e poi al capo del giovanotto. E si allontanò.

“Un’ultima domanda, per favore. Lo prometto” supplicò.

La donna si fermò e voltandosi alzò un dito. “Una sola ultima domanda…”

“E se non porto onore al mio ruolo? Se le mie creazioni, i miei incorporamenti, non sono così puri o spirituali o… con il giusto tipo di energia?”

“Qual è la nostra intenzione?”

Il giovane considerò dentro di sé, come se frugasse tra delle ragnatele. “La nostra intenzione… la nostra intenzione è di espandere la comprensione e praticare l’interconnessione” replicò.

“È tutto ciò di cui abbiamo bisogno” proseguì la donna, poi si voltò a fissarlo. “L’energia è contenuta nell’intenzione. L’intenzione è la forza trainante dell’incorporamento. Come l’incorporamento si manifesta, come viene giudicato, come viene ricevuto, tutte queste cose lasciale nel mistero e vai avanti.”

Ci fu una pausa. “Come io sto per fare. Vado avanti.” Fece un inchino con il capo e sorrise, e il giovanotto vide l’incorporamento. Era stato lanciato con una luce dorata. Forse erano gli ultimi raggi del sole, ma era più che sicuro che quei raggi venissero da dentro di lei.

Camminò per un po’ e poi guardò indietro, osservandola diventare sempre più piccola mentre si allontanava. Infine, in un punto tra la distanza crescente e la luce che andava rarefacendosi, scomparve.

Il giovane alzò lo sguardo verso l’alto e mormorò qualcosa al cielo che stava in quel momento rivelando i suoi preziosi segreti. Si allacciò il giaccone e si allontanò nella notte, canticchiando una nuova melodia che era un incorporamento del suo sé ricordato.—-